giovedì 26 novembre 2015

In 20 anni i disastri provocati dal clima hanno fatto oltre 600.000 vittime

Mercoledì 25 Novembre 2015 14:00

L’Ufficio dell’ONU per la riduzione dei rischi da disastri correlati ai cambiamenti climatici ha messo in evidenza l’impatto di alluvioni, eventi meteorologici estremi, ondate di calore, siccità, in termini di perdite sia economiche che di vite umane, e a rischiare di più sono soprattutto i bambini, come ha osservato un altro Rapporto dell’UNICEF.



"Negli ultimi 20 anni, Stati Uniti, Cina e India sono stati i Paesi più colpiti dai disastri provocati dai cambiamenti climatici".
Ad affermarlo è il Rapporto "The Human Cost of Weather Related Disasters" (Il costo umano dei disastri causati dal clima) effettuato dall'UNISDR (United Nations Office for Disaster Risk Reduction) e dal CRED (Centre for Research on the Epidemiology of Disasters) e rilasciato ad una settimana dall'inizio della Conferenza delle Parti (COP21) di Parigi.
Il tempo e il clima sono i principali fattori del rischio di calamità - ha dichiarato Margareta Wahlström, Presidente UNISDR nel corso della presentazione del Rapporto - Questo studio dimostra che i Paesi stanno pagando un caro prezzo in termini di vite umane. Non solo, le conseguenti perdite economiche sono tra le maggiori sfide per lo sviluppo di molti Paesi poveri che lottano contro povertà e cambiamenti climatici”.
Lo studio ha preso in esame i dati di 6.457 calamità avvenute tra il 1995 e il 2015, da cui emerge che in questo arco di tempo i danni maggiori (il 90%) sono stati provocati da alluvioni, tempeste, ondate di caldo e siccità e che gli eventi più frequenti si sono registrati negli Stati Uniti (472 casi), Cina (441), India (288), Filippine (274) e Indonesia (163).
I disastri naturali riconducibili agli effetti dei cambiamenti climatici hanno provocato nel ventennio esaminato la morte di 606 mila persone - una media di 30 mila l’anno - e ne hanno afflitto altre 4,1 miliardi, tra ferite, senza tetto o ridotte in stato di indigenza.
I bambini, come ha testimoniato un altro Rapporto pubblicato qualche giorno prima dall'UNICEF ("Unless We Act Now"), sono i più esposti ai rischi dei cambiamenti climatici, con ben 690 milioni di loro, su un totale di 2,3 miliardi, che vivono in aree “flagellate da inondazioni e tempeste tropicali”.
Tra le calamità naturali, le alluvioni sono state le più frequenti (il 47% del totale) e hanno interessato 2,3 miliardi di persone, la maggior parte delle quali (95%) vive in Asia.
Se si guarda alla totalità dei dati, dallo studio emerge che tra il 2005 e il 2014 si sono registrati una media di 335 eventi disastrosi ogni anno, con un aumento del 14% rispetto al decennio precedente (1995-2004), e del doppio rispetto al periodo 1985-1994. Per quanto riguarda la percentuale di popolazione colpita, il picco maggiore si è avuto nel 2002, quando 300 milioni di persone in India hanno sofferto per la siccità e altri 100 milioni in Cina per le tempeste di sabbia.
Rispetto alla media annuale di 34 mila decessi, il 2008 è stato l’anno peggiore, a causa del ciclone Nargis che nel solo Myanmar ha provocato 138 mila vittime.
Nel rapporto si sottolinea, inoltre, che sussistono delle lacune nei dati, osservando che le perdite economiche da disastri correlati al clima sono molto più elevate rispetto al valore registrato di 1.891miliardi di dollari, rappresentando solo il 71% di tutte le perdite attribuibili ai rischi naturali nel periodo esaminato, dal momento che non tutti i dati registrati contengono informazioni sulle perdite economiche che, secondo l'UNISDR, le  perdite reali - compresi terremoti e tsunami - oscillano tra i 250 miliardi - 300 miliardi di dollari l'anno.


"I cambiamenti climatici, la variabilità del clima e gli eventi meteorologici estremi sono una minaccia per il raggiungimento dell'obiettivo globale di eliminare la povertà, uno degli Obiettivi di di Sviluppo Sostenibile - ha affermato a sua volta, il Professor Debarati Guha-Sapir, a capo del CRED - Abbiamo bisogno di ridurre le emissioni di gas serra e affrontare altre fattori di rischio come lo sviluppo non pianificato urbano, il degrado ambientale e le lacune negli allerta preventivi. Tutto questo richiede di assicurarci che le persone siano informate sui rischi e che le istituzioni che gestiscono il rischio da catastrofi siano rafforzate".