MARTEDÌ 21 LUGLIO 2015 13:00
SCRITTO DA ELENA CERILLI
Si chiamano “hot spot” e sono le aree più
colpite dal cambiamento climatico del nostro Pianeta con gravi conseguenze su
agricoltura e disponibilità idrica. È quanto emerge dallo studio dei
ricercatori dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima e dell’Istituto
di Geoscienze e Georisorse del CNR.
Gli effetti dei cambiamenti climatici si fanno sentire ormai sempre di più.
Però non tutte le zone del globo ne sono colpite alla stessa maniera: ci sono
aree più coinvolte di altre che rischiano gravi conseguenze su agricoltura e
risorse idriche.
Marco Turco, Elisa Palazzi e Jost von Hardenberg dell’Istituto di Scienze
dell’Atmosfera e del Clima (ISAC-CNR) di
Torino e Antonello Provenzale,
direttore dell’Istituto
di Geoscienze e Georisorse (IGG-CNR) di
Pisa hanno rappresentato in una mappa tutti gli “hot spots”,
ovvero i punti caldi della Terra, dove il surriscaldamento globale sta pesando
di più sugli ecosistemi, sulle coltivazioni, sulla disponibilità di risorse
idriche, nonché sul rischio idrogeologico. I risultati raccolti sono stati
pubblicati sulla rivista scientifica “Geophysical Research Letters”
ad opera dell’American
Geophysical Union (l’organizzazione
non profit di geofisica che racchiude oltre 144 paesi del mondo).
I
ricercatori hanno preso in considerazione alcuni parametri (tra cui temperatura media,
precipitazione, variabilità inter-annuale di temperatura media e
precipitazione, frequenza di stagioni con temperatura e precipitazione media
più alta delle massime nel trentennio precedente, frequenza di stagioni con
precipitazione media minore della minima media stagionale nel trentennio
precedente), e i cambiamenti registrati hanno fornito conferme empiriche sull’esistenza di zone più sensibili
ai mutamenti del clima, che si stanno riscaldando più
rapidamente di altre, con variazioni considerevoli nei valori medi e nella
variabilità di temperatura e precipitazioni durante l’anno.
“Il nostro lavoro, basato
sull’analisi di archivi pubblici di dati di temperatura e precipitazioni degli
ultimi sessant’anni (1951-2010), ha dimostrato che le regioni più sensibili ai
cambiamenti risultano essere in Amazzonia, nel Sahel, nelle aree tropicali dell’Africa
occidentale,
in Indonesia e nella parte orientale dell’Asia
centrale - ha
dichiarato Provenzale - In tutte queste aree sono stati
riscontrati cambiamenti congiunti in molti dei parametri climatici considerati,
confermando che queste specifiche zone sono soggette a modifiche delle
condizioni climatiche complessive. In generale, tuttavia, quasi tutte le
regioni del mondo mostrano cambiamenti importanti in almeno alcuni parametri
climatici. Nel bacino del Mediterraneo, in particolare, la
temperatura media estiva è cresciuta di circa un grado negli ultimi
cinquant’anni, parallelamente all’aumento del rischio di onde di calore estive”.
“Gli hot spot identificati sono
in accordo con quelli evidenziati dalle proiezioni fornite dai modelli del
clima globale, dei quali quindi si conferma la validità - ha concluso Provenzale - Ciò indica che ilcambiamento
climatico non è una mera ipotesi futura, ma un processo già in corso. L’identificazione delle regioni
più sensibili dovrebbe stimolare lo sviluppo di strategie internazionali di
mitigazione dei rischi e di adattamento specificamente pensate, anche in vista
della prossima COP21, la 21esima sessione della Conferenza delle Parti delle
Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si svolgerà a Parigi a dicembre
prossimo”.