mercoledì 23 dicembre 2015
giovedì 26 novembre 2015
In 20 anni i disastri provocati dal clima hanno fatto oltre 600.000 vittime
Mercoledì 25 Novembre 2015 14:00
L’Ufficio dell’ONU per la riduzione dei
rischi da disastri correlati ai cambiamenti climatici ha messo in evidenza
l’impatto di alluvioni, eventi meteorologici estremi, ondate di calore,
siccità, in termini di perdite sia economiche che di vite umane, e a rischiare
di più sono soprattutto i bambini, come ha osservato un altro Rapporto
dell’UNICEF.
"Negli ultimi 20 anni, Stati Uniti,
Cina e India sono stati i Paesi più colpiti dai disastri provocati dai
cambiamenti climatici".
Ad affermarlo è il Rapporto "The Human Cost of Weather Related Disasters" (Il costo umano dei disastri causati dal clima) effettuato dall'UNISDR (United Nations Office for Disaster Risk Reduction) e dal CRED (Centre for Research on the Epidemiology of Disasters) e rilasciato ad una settimana dall'inizio della Conferenza delle Parti (COP21) di Parigi.
Ad affermarlo è il Rapporto "The Human Cost of Weather Related Disasters" (Il costo umano dei disastri causati dal clima) effettuato dall'UNISDR (United Nations Office for Disaster Risk Reduction) e dal CRED (Centre for Research on the Epidemiology of Disasters) e rilasciato ad una settimana dall'inizio della Conferenza delle Parti (COP21) di Parigi.
“Il tempo e il clima sono i principali
fattori del rischio di calamità - ha dichiarato Margareta Wahlström,
Presidente UNISDR nel corso della presentazione del Rapporto - Questo studio dimostra che i Paesi
stanno pagando un caro prezzo in termini di vite umane. Non solo, le
conseguenti perdite economiche sono tra le maggiori sfide per lo sviluppo di
molti Paesi poveri che lottano contro povertà e cambiamenti climatici”.
Lo
studio ha preso in esame i dati di 6.457 calamità avvenute tra il 1995 e il
2015, da cui emerge che in questo arco di tempo i danni maggiori (il 90%) sono
stati provocati da alluvioni, tempeste, ondate di caldo e siccità e che gli
eventi più frequenti si sono registrati negli Stati Uniti (472 casi), Cina
(441), India (288), Filippine (274) e Indonesia (163).
I
disastri naturali riconducibili agli effetti dei cambiamenti climatici hanno
provocato nel ventennio
esaminato la morte di 606 mila persone - una media di 30 mila
l’anno - e ne hanno afflitto altre 4,1 miliardi, tra ferite, senza tetto o
ridotte in stato di indigenza.
I
bambini,
come ha testimoniato un altro Rapporto pubblicato qualche giorno prima
dall'UNICEF ("Unless We Act Now"),
sono i più esposti ai
rischi dei cambiamenti climatici, con ben 690 milioni di loro,
su un totale di 2,3 miliardi, che vivono in aree “flagellate da inondazioni e tempeste tropicali”.
Tra
le calamità naturali, le alluvioni
sono state le più frequenti (il 47% del totale) e hanno
interessato 2,3 miliardi di persone, la maggior parte delle quali (95%) vive in
Asia.
Se si guarda alla totalità dei dati, dallo studio emerge che tra il 2005 e il 2014 si sono registrati una media di 335 eventi disastrosi ogni anno, con un aumento del 14% rispetto al decennio precedente (1995-2004), e del doppio rispetto al periodo 1985-1994. Per quanto riguarda la percentuale di popolazione colpita, il picco maggiore si è avuto nel 2002, quando 300 milioni di persone in India hanno sofferto per la siccità e altri 100 milioni in Cina per le tempeste di sabbia. Rispetto alla media annuale di 34 mila decessi, il 2008 è stato l’anno peggiore, a causa del ciclone Nargis che nel solo Myanmar ha provocato 138 mila vittime.
Se si guarda alla totalità dei dati, dallo studio emerge che tra il 2005 e il 2014 si sono registrati una media di 335 eventi disastrosi ogni anno, con un aumento del 14% rispetto al decennio precedente (1995-2004), e del doppio rispetto al periodo 1985-1994. Per quanto riguarda la percentuale di popolazione colpita, il picco maggiore si è avuto nel 2002, quando 300 milioni di persone in India hanno sofferto per la siccità e altri 100 milioni in Cina per le tempeste di sabbia. Rispetto alla media annuale di 34 mila decessi, il 2008 è stato l’anno peggiore, a causa del ciclone Nargis che nel solo Myanmar ha provocato 138 mila vittime.
Nel
rapporto si sottolinea, inoltre, che sussistono delle lacune nei dati,
osservando che le perdite economiche da disastri correlati al clima sono molto
più elevate rispetto al valore registrato di 1.891miliardi di dollari,
rappresentando solo il 71% di tutte le perdite attribuibili ai rischi naturali
nel periodo esaminato, dal momento che non tutti i dati registrati contengono
informazioni sulle perdite economiche che, secondo l'UNISDR, le perdite
reali - compresi terremoti e tsunami - oscillano tra i 250 miliardi - 300 miliardi di
dollari l'anno.
"I
cambiamenti climatici, la variabilità del clima e gli eventi meteorologici
estremi sono una minaccia per il raggiungimento dell'obiettivo globale di
eliminare la povertà, uno degli Obiettivi di di Sviluppo Sostenibile
- ha affermato a sua volta, il Professor Debarati
Guha-Sapir, a capo del CRED - Abbiamo bisogno di ridurre le emissioni di gas serra e
affrontare altre fattori di rischio come lo sviluppo non pianificato urbano, il
degrado ambientale e le lacune negli allerta preventivi. Tutto questo richiede
di assicurarci che le persone siano informate sui rischi e che le istituzioni
che gestiscono il rischio da catastrofi siano rafforzate".
mercoledì 25 novembre 2015
DAL LIBRO "CNA STORIE"
Dalle Marche all’Expo l’inventrice
dell’olio d’oliva che aiuta a prevenire l’osteoporosi
Libro CNA Storie |
L’olio d’oliva non
come semplice condimento, ma come veicolo di sostanze utili all’organismo, in
particolare vitamine che aiutano a prevenire malattie come l’osteoporosi. E’
l’intuizione vincente - e brevettata a livello europeo – di Francesca Petrini,
44 anni, titolare insieme al fratello Cristiano della “Fattoria Petrini”,
un’azienda agricola marchigiana specializzata nella produzione di olio d’oliva
e derivati. Un’intuizione che ha fatto sì che la Petrini vincesse il premio
ITWIIN 2014 come migliore inventrice dell’anno e soprattutto venisse scelta
come testimonial per la Regione Marche, all'interno del Padiglione Italia di
Expo Milano 2015, quella che sarà la vetrina delle eccellenze italiane.
Una laurea in Economia, un master in olivocoltura e una “vita devota al lavoro”, quella di Francesca, che già durante l’università inizia a lavorare nell’azienda di famiglia, trasformata dal padre Leonida, nel 1989, nella “Fattoria Petrini”, con l’intuizione – dono di famiglia – di convertire già allora l’intero uliveto in biologico.
Settemila ulivi, per una produzione media di 300-400 quintali di olio, (grazie anche alla produzione locale): sottaceti, olio, paté, una linea cosmetica all’olio d’oliva, ma soprattutto il “Petrini plus”, l’olio arricchito con vitamine D3, K1 e B6, testato scientificamente e clinicamente.
Una laurea in Economia, un master in olivocoltura e una “vita devota al lavoro”, quella di Francesca, che già durante l’università inizia a lavorare nell’azienda di famiglia, trasformata dal padre Leonida, nel 1989, nella “Fattoria Petrini”, con l’intuizione – dono di famiglia – di convertire già allora l’intero uliveto in biologico.
Settemila ulivi, per una produzione media di 300-400 quintali di olio, (grazie anche alla produzione locale): sottaceti, olio, paté, una linea cosmetica all’olio d’oliva, ma soprattutto il “Petrini plus”, l’olio arricchito con vitamine D3, K1 e B6, testato scientificamente e clinicamente.
“L’idea mi è venuta in Giappone – racconta Francesca – osservando la popolazione anziana e il loro stile di vita. Mi sono accorta che erano carenti di un minerale come il calcio e che lo assumevano attraverso molti integratori alimentari. Anche noi europei, soprattutto le donne, alla luce dell’aumento dell’età media, ne siamo carenti e allora mi sono detta: cosa meglio di un alimento che usiamo quotidianamente come l’olio d’oliva, apprezzato in tutto il mondo, può diventare veicolo di sostanze da assumere quotidianamente come il calcio? Dovevo trovare un sistema che legasse le due cose – continua la Petrini – e la mia idea entusiasmò il compianto professor Mario Marchetti, direttore dell’Istituto di Vitaminologia dell’allora Dipartimento di Biochimica dell’Università di Bologna. ‘Bell’idea’, mi disse, spiegandomi che l’olio d’oliva accetta le vitamine K e D, entrambe liposolubili, mentre la B venne adattata, e fu così che nacque il Petrini Plus”.
“Sono stati condotti diversi studi scientifici pilota su gruppi di donne in menopausa, che hanno dimostrato l’efficacia del prodotto nel migliorare la densità ossea riducendo la presenza dell’osteocalcina sottocarbossilata nel sangue – spiega la Petrini - una delle sostanze maggiormente responsabili per l’appunto della riduzione della densità ossea. E’ stata inoltre dimostrata una fluidificazione delle membrane piastriniche, indicativa di una migliore funzionalità di queste cellule, strettamente correlata alla prevenzione di attacchi trombotici. Insomma possiamo dire che il nostro olio è un efficace supplemento anche nella prevenzione delle malattie cardiovascolari”.
“Per me è stata una grande vittoria, perché la ricerca è stata sostenuta interamente a nostre spese e l’invenzione è diventata un brevetto a livello europeo. E se si considera che a farlo è stata una piccola impresa, l’orgoglio e la soddisfazione sono ancora più grandi. L’olio d’oliva italiano è apprezzato in tutto il mondo – conclude Francesca - ma alla luce dei cambiamenti climatici diventa sempre più difficile fare questo lavoro. Servirebbe una revisione del piano olivicolo nazionale, eliminare tutti quei lacci burocratici che appesantiscono il settore, poter piantare più ulivi, anche perché, non dimentichiamolo, il valore aggiunto di questo settore è la salvaguardia del patrimonio ambientale”.
lunedì 23 novembre 2015
domenica 22 novembre 2015
Olio di palma cancerogeno arriva sul mercato europeo
Secondo una segnalazione de Il Fatto Alimentare al ministero della Salute,
in vendita per l'Unione europea vi potrebbero essere prodotti contenenti olio
di palma contaminato con il colorante Sudan IV
Dopo la segnalazione inviata da Ilfattoalimentare.it al
Ministero della salute sulla vendita in Italia di olio di palma vergine
contaminato da un colorante cancerogeno e genotossico (Sudan IV), il sistema di
allerta (RASFF) ha allertato le autorità sanitarie regionali invitandole a fare
accertamenti per ritirare i prodotti interessati. L’allarme è alto perché c’è
un precedente simile: nel 2003-4 centinaia di prodotti italiani sono stati
ritirati perché contaminati dal Sudan I, un colorante simile a questo.
Secondo le informazioni rese note da Bruxelles, si tratterebbe
di olio di palma proveniente dal Ghana importato dall’Olanda. I paesi
interessati sono 10 (Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania,
Ghana, Irlanda, Olanda e Spagna) e i valori di contaminante oscillano da 596 a
1210 µg/kg – ppb.
Il caso è scoppiato quasi un mese fa, il 21 ottobre 2015, quando
la Food and Drugs Authority del Ghana ha invitato i consumatori a non
utilizzare l’olio di palma, dopo che le analisi condotte dall’Autorità per la
sicurezza alimentare su 50 campioni venduti nei maggiori mercati della regione
della capitale Accra hanno rilevato la presenza, nel 98% dei casi, del
colorante genotossico e potenzialmente cancerogeno Sudan IV, di solito usato
per dare una certa tonalità rossastra a solventi, cere, oli e lucido per
scarpe.
Il problema coinvolge anche l’Europa e l’Italia, perché
confezioni di olio di palma rosso sono esportate e vendute via internet e nei
negozi etnici. In Gran Bretagna, ad aprile, è stato ritirato dal commercio un
olio di palma senza etichetta del Ghana venduto da Kemtoy Miyan Cash &
Carry. A luglio la stessa sorte ha interessato un altro lotto proveniente dal
Ghana marchiato Zdomi, commercializzato da Fovitor International, per la
presenza di Sudan IV. Un’inchiesta avviata dalle autorità del Ghana sul Fovitor
Zdomi Palm Oil ha scoperto che il fornitore, Miva Lifeline Limited, non aveva
chiesto l’autorizzazione per esportare nell’UE , dove è richiesta l’assenza del
Sudan IV.
Su internet sono acquistabili diverse marche di prodotti con
olio di palma: pochi giorni fa c’è stato un altro caso. Il 30 ottobre, il
Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) ha segnalato
in Francia , la vendita di olio di palma del Ghana proveniente dall’Olanda, con
il colorante Sudan IV. Il Fatto Alimentare ha segnalato al Ministero della
salute, Direzione generale per l’igiene e la sicurezza degli alimenti e la
nutrizione, la presenza di diverse marche di olio di palma proveniente dal
Ghana, acquistabili da siti internet in lingua italiana, chiedendo in via
precauzionale vengano la sospensione delle importazioni di olio di palma dal
Ghana. L’invito a non utilizzarlo dovrebbe essere rivolto anche a industrie,
ristoratori e consumatori sino a che non saranno disponibili i risultati delle
analisi di questi prodotti, per verificare l’eventuale presenza del colorante
Sudan IV.
di C.
S.
pubblicato il 17 novembre 2015 in Tracce > Salute
pubblicato il 17 novembre 2015 in Tracce > Salute
martedì 17 novembre 2015
lunedì 16 novembre 2015
Gli oli di semi sono insalubri per friggere, meglio l'olio d'oliva
Fonte : Anno 13 | 16 Novembre 2015 | redazione@teatronaturale.it
Gli oli di semi sono insalubri
per friggere, meglio l'olio d'oliva
Sotto accusa sarebbero gli omega 6, ovvero gli acidi
grassi polinsaturi. Dopo cotture ad alta temperatura con oli di semi i cibi
conterrebbero quantità eccessive di aldeidi, composti chimici che sono stati
associati a varie forme di cancro e a malattie neurodegenerative come
l'Alzheimer. Meglio l'olio d'oliva
Sia gli acidi grassi omega 3 sia quelli omega 6 sono utilissimi
al nostro organismo. L'acido linoleico, un acido grasso omega 6, è considerato
addirittura essenziale, ovvero non producibile dal nostro corpo a partire da
altri composti.
Negli ultimi 150 anni, tuttavia, l'apporto di omega 6 è
aumentato, mentre quello degli omega 3 è parallelamente diminuito, con
l'aumento di malattie cardiache. E' infatti noto che solo un corretto rapporto
di queste due categorie di acidi grassi è utile.
Che cosa succede quando si consumano troppi oli vegetali? Come
ha spiegato il professore di neuroscienze, John Stein, dell’università di
Oxford: “Gli acidi grassi Omega 6, presente in grande quantità negli oli
vegetali, spingono fuori gli Omega 3, benefici per il cervello; per cui
l’assunzione eccessiva e giornaliera di tali sostanze provoca danni cerebrali,
come ad esempio la dislessia”.
Oltre a questo occorre anche considerare come questi composti
vengono assunti. La frittura, per esempio, non sarebbe adatta agli acidi grassi
polinsaturi, quindi gli oli di semi, che naturalmente contengono alte
percentuali di questi tipi di acidi grassi non dovrebbero essere utilizzate per
cotture ad alta temperatura.
La ragione è spiegata da uno studio britannico, pubblicato sul
Daily Telegraph.
Gli oli di mais, girasole, palma e soia rilasciano aldeidi,
composti chimici che sono stati associati a varie forme di cancro e a malattie
neurodegenerative come l'Alzheimer.
Secondo Martin Grootveld, professore di chimica bioanalitica
alla De Montfort University di Leicester, un piatto di fish and chips fritto in
olio di semi contiene dalle 100 alle 200 volte più aldeidi della dose
giornaliera raccomandata dall'Organizzazione mondiale della sanità.
Gli oli di semi, nelle conclusioni dei ricercatori, sono
correlati con malattie cardiache, cancro, infiammazioni, ipertensione e
problemi mentali. Per contro, sono numerose le prove che una dieta ricca di
olio di oliva abbia ricadute positive sulla salute.
di C.
S.
pubblicato il 09 novembre 2015 in Tracce > Salute
pubblicato il 09 novembre 2015 in Tracce > Salute
venerdì 13 novembre 2015
giovedì 5 novembre 2015
mercoledì 4 novembre 2015
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